Occupandomi di formazione e soluzioni aziendali per le PMI ne sento d’ogni, seguo anche tanti maestri di queste materie e mi confronto con altri professionisti.
Si sente dire e si legge tante belle cose soprattutto sulle strategie da applicare, o meglio da fare applicare agli esercenti.
Marketing, remarketing, Roi, kpi, b2b, bt2b, c2c, redemption… e queste sono quelle che sono entrate un po’ più nell’uso comune…ma
Ma c’è un ma.
Io mi occupo delle PMI, soprattutto imprese P, che sta per “piccole”, che sono il tessuto dell’economia italiana. Complessivamente le aziende su strada, negozi al dettaglio, imprese poco più che a conduzione familiare, sono il 92% del totale e imprese italiane (https://www.mbnews.it/2019/07/le-pmi-sono-il-92-delle-imprese-attive-in-italia-ma-ce-ancora-poca-digitalizzazione/)
E quando le incontro per proporre semplici sistemi e-commerce come www.shoppingfflash.it che potrebbero aiutare in questo momento tanto difficile, trovo purtroppo un misto di voglia di fare/freno non fare. Quasi: non capisco e non mi adeguo.
C’ é una disinformazione ed una incompetenza di fondo in tutto questo. Malgrado le camere di commercio, le associazioni di categoria, offrono corsi anche gratuiti per aumentare la digitalizzazione c’è una paura di fondo che immobilizza.
Un po’ come quando di notte in una strada di campagna si illumina un coniglio con i fari…si immobilizza dalla paura fino a venire schiacciato.
Questo perchè agli esercenti, oltre a mancare una informazione digitale, manca anche uno step precedente. Infatti, pochi, pochissimi esercenti sono anche imprenditori, o meglio pochissimi hanno il mind set dell’imprenditore.
E la mancanza di questa skill fa si che sia perfettamente inutile sapere fare rendere una campagna su facebook, se poi non si sa guidare l’azienda con criterio.
Un esempio per tutti. Incontro ancora “imprenditori” che a fine serata scassettano il registratore di cassa per prender soldi dall’incasso per la spesa, la benzina, la paghetta del figlio, senza bilanciare i conti che inevitabilmente a fine mese non torneranno.
Si percepisce che c’è necessità di un cambiamento.
Le imprese oggi sono soggette molto più che in passato alla necessità di “gestire la strategia” che rispecchia il contesto dei mercati in cui operano. Ma purtroppo molte non hanno le competenze per farlo.
E’ assolutamente necessario smettere di navigare a vista, di “provare” a casaccio. Oggi è necessario avere una strategia perché è un fattore chiave per la sopravvivenza, la crescita e la prosperità dell’attività.
Una strategia economica che possa definire una successivo budget da dedicare alla strategia della comunicazione, al marketing all’immagine.
Senza strategia è veramente andare al buio! Citando l’ipercitato Seneca
Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.
Ditela come vi pare…ma se non sai dova cazzo andare…dove cazzo vai?
E per sapere dove andare vanno tenuti in considerazione molti più elementi che in passato:
- l’avvento di Internet
- le mutate e più elaborate abitudini di acquisto dei consumatori
- la conseguenza della contrazione della vita media dei prodotti legata alla progressiva globalizzazione
- il crescente potere dei sistemi distributivi.
- l’instabilità degli scenari commerciali
- la necessità di adeguarsi alle tecnologie digitali
- Le difficoltà nel reperire risorse finanziarie per lo sviluppo.
L’esercente, il negoziante, l’imprenditore basico che sa fare il suo mestiere, non vuole emulare Elon Musk o Jeff Basoz. Tanto meno mettersi a fare il marketer e passare giornate al computer.
In questo scenario, che è catastrofico per tutti, emergono due categorie di PMI. Alcuni fermi, impauriti e diffidenti. Altri ugualmente timorosi, ma non per questo immobili ad attendere il destino o il prossimo DCPM.
PMI LIMITANTI
Nella prima categoria troviamo modelli mentali limitanti dell’imprenditore e dei suoi collaboratori. Modelli mentali che guidano l’azienda, che abituano ad “adagiarsi” nella consuetudine. Che fanno fare scelte “emulative” riferite a modelli di comportamenti ritenuti validi solo perché lo sono stati in passato o perché hanno funzionato per un competitor.
L’imperativo è “ora, subito” e orienta l’imprenditore a valutare prevalentemente solo obiettivi a breve, o addirittura brevissimo, termine.
La frase “abbiamo fatto sempre così” serve da mantra propiziatorio.
Mentre sfugge il suo significato giustificativo, che connota la mancanza di intraprendenza imprenditoriale, e che impedisce all’azienda di crescere
E’ una giustificazione che in uno stato d’emergenza consente ad un’azienda di sopravvivere, ma non di guardare al futuro.
In molte PMI a conduzione familiare. Le valutazioni sulle prospettive aziendali sono improvvisate, poco ragionate, e quando capita di ottenere successi, è difficile risalire alla strategia che li ha generati. Questo capita perché sono successi casuali, frutto di intuizioni momentanee difficili da replicare. Processi che avvengono in modo inconsapevole, senza una strategia programmata dove si analizza azioni e risultati.
Spesso le decisioni sono prese in situazioni di necessità o emergenza. Generalmente per risolvere problematiche emergenti di cui necessita una rapida azione (come sopra già scritto: ora, subito).
Oppure altre decisioni non sono prese o rimandate perché “non è questo il momento”…un classico è “perché dovrei fare pubblicità adesso…ho il negozio pieno!”
Nella tipologia di imprenditori appartenenti alle PMI LIMITANTI si manifesta inoltre la scarsità o carenza di “voglia” di dedicare tempo e risorse economiche alla formazione. Alla acquisizione di informazioni e conoscenze tecniche per aumentare il proprio grado di consapevolezza e di professionalità. L’imprenditore delle PMI è portato quindi ad ignorare le opportunità da cogliere. Perché manca la cultura al ragionamento ampio, alla capacità di elaborazione ed interpretazione dei dati interni e dati esterni all’azienda che possono aprire nuove prospettive .
Anche questo aspetto è frutto dell’ORA SUBITO. Quindi per l’imprenditore nelle PMI LIMITANTI il tempo ed i soldi spesi per formarsi o formare il personale sono un cattivo investimento perché non se ne comprende il valore che sicuramente non sarà godibile nell’immediato. Senza contare che studiare fa fatica.
Questi sopra citati sono atteggiamenti dannosi all’azienda, ma la “convinzione” di fare bene, di essere nel giusto, l’indisposizione all’ascolto ed all’imparare sempre e continuamente (come già scritto siamo nell’era della formazione permanente) sono sicuramente il KILLER più spietato.
Anzi considerato quante aziende fa fuori direi che questo atteggiamento è un SERIAL KILLER DI PMI.
La “convinzione” è’ tangibile in questi imprenditori, ed è giustificata dai azioni che generano risultati random nel breve periodo. Risultati che portano l’imprenditore ad adagiarsi e ad avere atteggiamenti conservativi. Che inoltre non permettono di esplorare nuove opportunità, percorsi di innovazione digitale, di processo o di prodotto/servizio e che, presto o tardi, porterà all’implosione dell’inesistente modello di business.
PMI ILLUMINATE
La seconda tipologia riguarda le PMI ILLUMINATE, così definite prendendo in prestito del periodo storico stesso la definizione dell’illuminismo che cita su wikipedia “L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! “ Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!
Quindi gli imprenditori illuminati, da soli o con i propri collaboratori se guidano insieme l’azienda, lavorano per trasformare obiettivi in un effettivo posizionamento. In un nuovo assetto organizzativo, ma soprattutto fare si che le scelte fatte portino al miglioramento delle performance competitive-economico-finanziarie.
Il mind set dell’imprenditore Illuminato si riconosce per l’apertura mentale, per la predisposizione, a volte innata, a volte imparata, al “cambiamento”.
Per cambiamento in questo caso si intende sapersi adeguare, sapersi mettere in discussione e capire che questo tipo di staticità mentale porta ad un immobilismo della propria azienda. L’ora subito, delle precedente categoria si trasforma in un più produttivo: ORA SI CAMBIA.
Ovviamente questo cambiamento avviene in relazione alle proprie capacità e competenze. In genere rappresenta la volontà di miglioramento caratterizzata da un atteggiamento strategico e non casuale per andare a A a B. L’imprenditore illuminato sfrutta deliberatamente questa onda sia per elevare l’azienda, sia per mantenere elevato il livello motivazionale. Esaltare la propensione di assecondare il cambiamento dell’intera azienda, piccola, grande o familiare che sia.
Il consentire di mettere in discussione le proprie certezze, sfidare i propri modelli mentali, sviluppare la capacità di apprendere dai propri successi e dai propri errori porta verso il cambiamento
Queste abilità vanno ricercate nelle radici dell’azienda, i valori, le ambizioni, i modelli mentali dell’imprenditore e dei suoi collaboratori sono “le differenze che fanno la differenza”.
Il cambiamento prevede per sua natura l’apprendere una determinata competenza per migliorare il proprio risultato. Quindi in questo tipo di realtà aziendale, l’essere propensi alla formazione rappresenta una significativa risorsa per l’imprenditore e il gruppo dirigenziale.
Quando una azienda pensa così, il grado di innovazione raggiunto all’interno della struttura viene valorizzato. Viene favorita la competitività sul mercato e lo sviluppo di nuove opportunità.
CAMBIARE SENZA PAURA*….è la chiave del successo
*uso il titolo di un libro del mio mentore Roberto Re
Anche in una piccola azienda, come un negozio a conduzione familiare, deve avere il proprio piano strategico. L’era dell’alzo il bandone ed aspetto è finita. Mai come con il lockdown si vede necessario il cambio di paradigma in cui l’attività deve tornare a consegnare la spesa.
La mancanza di strategie manageriali delle piccole e medie imprese sono da imputare a due principali fattori:
- scarsa cultura delle proprietà di come gestire l’azienda in modo professionale e strutturato
- la formazione aziendale non è alla portata di questa fascia di imprenditori. Inoltre le aziende di consulenza non sono interessate a target con basso budget di spesa.
Affinché ci sia un tangibile miglioramento, un cambiamento culturale, devono avvenire ancora importanti passaggi fatti in entrambe le direzioni.
Le PMI devono puntare di più sull’innovazione culturale e nella gestione aziendale.
Le aziende di formazione e consulenza dovrebbero scendere dal loro piedistallo ed imparare stare sul campo, in trincea, al fianco del fornaio, del pizzicagnolo, del ristoratore, ed imparare a sperimentare, senza essere intrappolati in pensieri limitanti, testando nuovi modelli di business per coglierne l’opportunità.
Queste regole valgono per tutto il mondo lavorativo e mai come adesso sono valide. Con questa crisi economica da lockdown i malati sono in rianimazione, ma i morti si contano per le strade, leggendo i cartelli dei negozi serrati con scritto vendesi, affittasi o chiuso per covid. Quanti di questi riapriranno?
Quanti di questi imprenditori gioverebbero di un aiuto, di strategia, di cultura aziendale, di strumenti per assecondare la crisi? Siamo d’accordo che questi strumenti da soli non basterebbero, ma potrebbero essere di supporto per arginare una ingloriosa chiusura.
C’è la necessità che quello che viene fatto per le aziende “grandi” le S.p.A. , le multinazionali, possa esser disponibile anche per la trattoria sotto casa. Poter rendere disponibili competenze, segreti e rendere fruibile ai più (92% dell’imprenditoria italiana) un vocabolario incomprensibile fatto di
Strategic Management, vision, valori, consapevolezza aziendale, marginalità, profittabilità, valore finanziario ad altri termini.
Fermiamo il serial killer delle PMI.